INTRO

Non è semplice definire che cosa sia un acquedotto e ciò che chiediamo oggi ad un acquedotto è certamente diverso da quello che gli si chiedeva nel passato. Letteralmente la parola significherebbe qualcosa che conduce l’acqua. Oggi l’acquedotto è strutturalmente un insieme di opere atte a captare, filtrare, disinfettare, addurre, stoccare e distribuire l’acqua, proteggendola in tutto il suo percorso dall’ambiente esterno, molto di più dunque di quanto la parola descriva. Non credo sia necessaria la contemporanea presenza di tutti questi fattori per definire un acquedotto. Esistono intanto acquedotti concepiti per usi diversi dal potabile, le cui acque quindi non necessariamente devono essere filtrate e disinfettate. Anche la presenza di serbatoi di stoccaggio non è necessaria qualora la richiesta d’acqua fosse inferiore alla portata dell’acquedotto. Non è nemmeno necessario che sia distribuita ai rubinetti di tutte le abitazioni, non dimentichiamo che l’acqua in casa per tutti è una conquista recente dell’acquedottistica, fino agli anni ’60 c’erano zone in Italia in cui l’acqua si portava a casa con secchi o vasi di terracotta, trasportati a spalla o su un asino e prelevandola dalle fontane dell’acquedotto. Personalmente ritengo che anche soltanto le tre funzioni di captare, addurre e proteggere possano soddisfare la definizione di acquedotto e che quindi antiche opere che assolvevano tali funzioni rientrino a pieno titolo fra gli acquedotti. I romani compresero l’importanza dell’acqua non solo per la sopravvivenza ma anche per la salute umana e furono eccellenti costruttori di grandi sistemi di acquedotto. Certamente le loro strutture erano già molto avanzate, le loro condotte perforavano le montagne e giungevano su imponenti arcate alla pianura, avevano vasche di raccolta, vasche limarie, e sistemi di distribuzione che raggiungevano le grandiose dimore dei nobili, gli edifici termali e le fontane pubbliche. Ma prima di loro, in altre parti del mondo, altri popoli dovendo fare i conti con la siccità di ambienti desertici si ingegnarono a trovare l’acqua necessaria alla sopravvivenza ed a convogliarla, proteggendola dall’evaporazione, in cunicoli sotterranei fino ai villaggi, creando così le oasi e le coltivazioni agricole. Queste opere sono conosciute col nome di Qanat e di Foggara. Ecco alcune date della storia acquedottistica ma tutt’ora e difficile determinare quale popolo abbia costruito per primo un acquedotto.

Nel VIII secolo a.C. il re d’Israele Ezechia fece scavare un tunnel di 553 m sotto Gerusalemme per portare alla piscina di Siloam, situata all’interno delle mura, l’acqua della sorgente esterna di Gihon. L’opera venne eseguita nel timore di un assedio della città.

Orientativamente nel VII secolo a.C. pare collocarsi l’inizio della realizzazione dei Qanat.

Nel VI secolo (550 a.C.), sull’isola greca di Samos, Eupalino da Megara fa perforare 1’036 m di montagna per addurre acqua alla città di Tigani (Pythagoreion).

Bisogna attendere il IV secolo (312 a.C.) perchè i romani costruiscano l’Appio, il loro primo acquedotto.

 

QANAT قنات

Il Qanat (dalla parola semitica scavare) è un antico ed ingegnoso sistema per captare e trasportare acqua sotterranea, utilizzato in Iran durante l’impero persiano si diffonde dapprima nelle aree di influenza culturale dell’antica Persia (Pakistan, Iraq, Siria, Arabia, Yemen, Afghanistan, Turkestan e zone meridionali della Russia) per poi espandersi molti secoli dopo nelle zone islamizzate del nord Africa dove sono conosciuti con nomi diversi: Khettara in Marocco, Guettara in Tunisia, Foggara in Libia e Algeria.

Il sistema Qanat iraniano è costituito da pozzi verticali e canali scavati nel sottosuolo che per gravità prelevano l’acqua dalle falde acquifere degli altopiani facendola affiorare in superficie in pianura. In Iran ci sono circa 40’000 Qanat, scavati in varie epoche, con più di 300’000 km di condotti sotterranei che forniscono tutt’ora acqua per l’irrigazione e gli usi domestici.

Durante i periodi di dominazione romana e araba il sistema si estese verso occidente, nell’Africa del nord, in Spagna ed in Sicilia. A Palermo se ne contano una quindicina, alcuni romani ed altri più recenti risalenti alla dominazione araba.

Il metodo di costruzione del Qanat prevede di scavare un pozzo nel pendio di una montagna dove il materiale di detrito forma un deposito alluvionale, il pozzo di sondaggio, di un metro di diametro, viene scavato usando una zappa e una vanga a manico corto. Il materiale scavato viene sollevato dagli operai in superficie con un verricello ed ammucchiato intorno all’imboccatura del pozzo formando un cratere. Il pozzo arriva fino allo strato argilloso impermeabile e successivamente alla perforazione viene misurata la velocità di accumulo dell’acqua asportandola con i secchi. Se la portata d’acqua è buona si scavano altri pozzi nella stessa zona che costituiranno i pozzi principali.

Si traccia poi la pianta del percorso della canalizzazione sotterranea attraverso la quale l’acqua del pozzo principale o del gruppo di pozzi raggiungerà la bocca di uscita, sulla superficie del terreno a valle. La pendenza della canalizzazione è molto bassa, compresa fra lo 0,7 ed il 2 per mille, affinché l’acqua si muova lentamente e non asporti materiale dal fondo della canalizzazione provocandone il dilavamento ed il crollo.

Usando livelle ad acqua si stabilisce quindi la posizione e la quota della bocca terminale del condotto, in un punto a quota un po’ più bassa di quella del livello dell’acqua nel pozzo principale. Lo scavo del condotto, largo 1 m ed alto 1,5 m, inizia dalla bocca, il punto più basso, procedendo in salita verso il pozzo principale e praticando una serie di pozzi verticali circa ogni 50 m con funzione iniziale di sollevamento del materiale di scavo e successivamente per le manutenzioni e la ventilazione.

La bocca del condotto viene rivestita in pietrame per i primi 3-5 metri per proteggerla dai danni erosivi dei temporali. Lo scavo avviene alla luce di lampade a olio che fungono anche da segnalatori di carenza di ossigeno, se la fiamma fatica a star accesa o si spegne la morte è vicina. Se il condotto è scavato nell’argilla dura o in un conglomerato ben cementato non vengono applicati rinforzi alle pareti ed alla volta. Nel caso di scavo in terreno sabbioso o friabile il condotto viene rivestito con anelli in terracotta o in cemento. Ostacoli o massi di roccia compatta vengono aggirati e si ritrova poi la giusta direzione verso il pozzo di ventilazione successivo. Avvicinandosi alla falda acquifera possono verificarsi improvvisi cedimenti e irruzioni d’acqua nel condotto ed occorre svuotare il pozzo principale prima di collegarvi il condotto per evitare che gli operai vengano investiti dall’irruzione dell’acqua. A causa delle morti frequenti il Qanat è soprannominato “l’assassino”.

Qanat Foggara

Qanat fase di scavo

La lunghezza dei condotti varia da 10 a 18 chilometri, il massimo raggiunto è di 32 km. La portata è compresa fra 1 e 300 l/s.

La sommità dei pozzi di ventilazione è difesa con muri, con crateri realizzati con il materiale di scavo, con copertoni da camion e alle volte con un coperchio per impedire danni derivati dall’afflusso d’acqua durante i temporali. La rappresentazione in figura si riferisce ad un Qanat iraniano che preleva acqua dalla falda.

Qanat in sezione

Qanat in sezione

L’integrità della falda viene preservata perché con questo sistema vi si preleva l’acqua solo dalla parte superiore. Con pozzi a pompe sommerse invece il rischio è di deprimere la falda, spesso viene chiesto al pozzo di dare più di quanto la falda sia in grado di ricaricare. Una falda depressa prossima al mare richiama acqua salmastra con conseguente irrimediabile inquinamento delle acque dolci ed i pozzi diventano inutilizzabili agli usi potabili ed irrigui. Ma l’impoverimento della falda determina anche un richiamo d’acqua dagli strati argillosi soprastanti che molto lentamente la rilasciano essiccandosi progressivamente. L’argilla seccando diminuisce di volume dando luogo ad abbassamenti dello spessore del suo strato e del livello della superficie del terreno soprastante. Con il ritorno delle piogge le argille tornano nuovamente ad impregnarsi d’acqua rigonfiandosi e innalzando nuovamente il livello del suolo. Il fenomeno è noto col nome di subsidenza e caratterizza ad esempio la pianura padana dove è presente un elevato numero di pozzi ad uso irriguo, potabile ed industriale. La subsidenza determina la formazione di crepe e cedimenti differenziati negli edifici più vecchi quali case coloniche ed in genere in tutte quelle strutture prive di fondazioni continue armate, con plinti slegati fra loro o con fondazioni continue non armate.

 

FOGGARA

Qanat e Foggara presentano un analoga struttura costruttiva, entrambi trasportano acqua ma il principio di approvvigionamento è leggermente diverso. Il Qanat iraniano preleva direttamente acqua dalla falda drenandone la parte superiore e può spingersi a grandi profondità, mentre la Foggara la estrae contemporaneamente in vari modi:

  • dalla falda,
  • per condensazione dall’aria umida,
  • intercettando le piogge e le rugiade notturne.

Nella Foggara, che raramente raggiunge profondità oltre i 20 m e lunghezze superiori a 10 Km, la quantità d’acqua aumenta durante il percorso perché la condensazione ed il drenaggio superficiale si sviluppano lungo tutto il condotto della Foggara.

Foggara sezione

Foggara schema

Nella Foggara di giorno l’aria del palmeto, che può arrivare a 50°C con l’80% di umidità, è aspirata dalla bocca del condotto e lo percorre in senso inverso all’acqua, verso il pozzo principale, condensando l’umidità sulle pareti porose di pietra o tufo per poi fuoriuscire secca dai pozzi di aerazione alla cui sommità il suolo può raggiungere gli 80°C. L’acqua condensata sulle pareti gocciola sul fondo. In pratica si attua un recupero dell’umidità del palmeto. Il contenuto di vapore dell’aria a 50°C e 80% di umidità relativa è di 65,81 g/m3 (vedi tabella “Vapor d’acqua per metro cubo d’aria”). Ipotizzando una sezione del condotto della Foggara di 1,5 m2 e una velocità di circolazione dell’aria nella galleria di 1 m/s condenserebbero 5,9 litri al minuto. La quantità d’acqua estraibile diventa la metà a 36° e l’80% di umidità oppure a 37°con il 75% od a 40°con il 65%. Raddoppiando la velocità o la sezione raddoppia anche la quantità d’acqua condensata. Si stima che la componente di condensazione costituisca al massimo il 2% della portata totale di una Foggara.

Durante la notte la diminuzione della temperatura esterna fa invertire il senso della corrente nel condotto e nei pozzi. L’umidità atmosferica condensa sulla superficie del suolo e nel terreno, più freddo, dove avvengono continui scambi tra l’aria ed il terreno. L’umidità condensata viene quindi assorbita e drenata nei pozzi e nel condotto. I pozzi verticali ed il condotto sono zone di condensazione e canali di drenaggio che intercettano questi scambi e catturano umidità. Le acque sotterranee e di superficie, le precipitazioni atmosferiche, la rugiada e l’assorbimento per capillarità sono  i fattori che determinano la formazione di acqua nella Foggara. Le condizioni geologiche e climatiche e l’escursione termica fra giorno e notte influenzano il funzionamento della Foggara, pertanto ciascuna ha un proprio equilibrio e specifiche caratteristiche di funzionamento.

Circa la metà delle Foggara algerine è ancora in funzione, si stima che lo sviluppo complessivo sia tra 3’000 e 6’000 km. La mano d’opera per la manutenzione delle Foggara manca, i giovani rifiutano questo lavoro fuggendo in Europa. Sotto ogni pozzo di aerazione si formano cumuli di sabbia dunale che scende dalla bocca sempre aperta dei pozzi di aerazione a causa dei venti sahariani, la bocca del pozzo è soggetta a cedimenti come pure la volta del condotto, determinando il dissesto e l’insabbiamento delle Foggara. La perforazione di nuovi pozzi dotati di pompe sommerse nelle vicinanze determina poi l’abbassamento della falda con conseguente impoverimento o annullamento della componente di portata da falda della Foggara.

Nell’immagine seguente si vede un tratto di deserto, le zone nere sono le oasi e le coltivazioni, procedendo verso destra c’è il villaggio, quindi la strada. Al di là della strada il deserto solcato da una serie impressionante di puntini neri che indicano il percorso di varie Foggara che portano acqua all’oasi. Ogni puntino è un pozzo e fra due puntini vicini, che distano circa 8-15 metri, c’è un cunicolo scavato a mano. Credo che questo basti a rimanere senza parole.

Foggara oasi Al Djedid

TECNICA COSTRUTTIVA DI QANAT E FOGGARA

Anche i romani costruirono condotti sotterranei scavando condotti nel sottosuolo dotati di pozzi di aerazione ma la tecnica costruttiva romana era molto più veloce perché operava con più squadre che contemporaneamente scavavano molti pozzi e successivamente dal fondo di ciascun pozzo due squadre scavavano contemporaneamente il condotto in direzioni opposte verso i 2 pozzi adiacenti, incontrandosi a metà strada con l’altra squadra scavatrice.

Il sistema Qanat e Foggara prevedono invece un’unica squadra scavatrice per la costruzione del condotto, che dalla bocca procede verso i pozzi intermedi di aerazione fino al pozzo principale, con tempi lunghi per la realizzazione dell’opera.

 

QUANDO L’UMIDITA’ CONDENSA

Diagramma di Mollier

Vapore d’acqua per metro cubo d’aria

Immaginiamo il palmeto di giorno, con 35°C di temperatura dell’aria e umidità al 70%. Andiamo nel diagramma di Mollier e cerchiamo sull’ascissa la temperatura di 35°C. Da quel punto tracciamo una verticale fino ad intersecare la curva dell’umidità relativa del 70%. Da qui tracciamo una linea orizzontale verso sinistra fino a raggiungere la curva dell’umidità relativa del 100%. Da questo nuovo punto tracciamo una verticale verso l’asse dell’ascissa e leggiamo la temperatura corrispondente. Il diagramma restituisce circa 28,5°C, che è la temperatura di rugiada dell’aria a 35°C con il 70% di umidità relativa. Qualunque superficie con temperatura minore o uguale a 28,5°C che venga a contatto con quell’aria provocherà la condensazione dell’umidità dell’aria e la produzione di acqua. Analogo risultato è ottenibile con la tabella “Vapore d’acqua per metro cubo d’aria”. Incrociando la riga 35°C con la colonna 70% otteniamo 27,5 g per m3, se cerchiamo questo valore nella colonna 100% di umidità vediamo che si colloca fra 28 e 29°C.

Una Foggara lunga 4 Km e di sezione m 1,70 x 1,0 con 80 pozzi del diametro di 1 m e profondi mediamente 10 m ha una superficie di scambio di 24’000 m2, ipotizzando una condensazione di 0,15 l/m2 nelle 12 ore diurne fornirebbe 3,6 m3 d’acqua, pari a 5 l/minuto. Questo contenuto d’acqua è disponibile ad esempio in 95’000 m3 di aria a 40° e umidità 75% che dovrebbe muoversi in ingresso all’imbocco del condotto della Foggara alla velocità di 1,3 m/sec. oppure in 66’000 m3 di aria a 46° e umidità 80% alla velocità di ingresso di 0,9 m/sec.

DEUMIDIFICARE L’ARIA

Sperimentalmente è possibile estrarre acqua dall’aria ponendo verticalmente all’interno di una teglia da forno alcune bottiglie di plastica estratte dal congelatore. In alcune ore la teglia raccoglierà l’acqua sottratta all’aria e prodotta dalla condensazione del vapore sulle bottiglie abbassando l’umidità relativa dell’aria nella stanza.

Questi i dati sperimentali:

– stanza chiusa di 39,2 m3 (3.80 x 3,82 x 2,70)

– umidità relativa dell’aria della stanza 75%

– temperatura dell’aria della stanza 28°C

Dalla tabella si ricava che per ogni metro cubo d’aria ci sono 20,23 g d’acqua, moltiplicandoli per i metri cubi della stanza risultano presenti nell’aria circa 0,8 litri d’acqua, che è il massimo estraibile.

Mettiamo nella teglia 3 bottiglie da 1,5 litri con acqua a temperatura di -10°C (la superficie esterna complessiva delle 3 bottiglie è di 0,24 m2).

Dal diagramma di Mollier con aria a 28°C e umidità relativa al 75% il punto di rugiada si attesta a 22°C quindi molto al di sopra di quella delle bottiglie.

RISULTATO

Dopo 6 ore la temperatura dell’acqua nelle bottiglie è passata da -10°C a + 6°C mentre quella della stanza è scesa da 28°C a 26°C. Nelle 6 ore la teglia ha raccolto 0,239 litri d’acqua, (pari a 3,98 l/m2 di superficie fredda per giorno).

L’esperimento è continuato per altre 2,5 ore, nel corso delle quali la temperatura della stanza è rimasta invariata a 26°C mentre quella dell’acqua è passata da 6°C a 19°C. In questo tempo si sono raccolti 0,044 litri d’acqua (pari a 1,76 l/m2 per giorno), meno di prima a causa dell’abbassamento dell’umidità nella stanza.

Nella stanza chiusa quindi, in mancanza di apporto di nuova aria umida, la raccolta di condensa subisce un progressivo rallentamento fino all’arresto. Nella Foggara invece le sommità dei pozzi di aerazione sono sempre aperte consentendo il continuo rinnovo dell’aria e la condensazione di nuova umidità.